Negli ultimi anni si è assistito a un orientamento sempre più rigoroso, sostenuto da una parte significativa della dottrina e da una giurisprudenza in costante crescita, in merito alla validità della nomina degli amministratori di condominio privi dei requisiti formativi richiesti per legge.
La nomina dell'amministratore di condominio, infatti, può essere oggetto di contestazione e impugnazione quando non rispetta le condizioni previste dalla normativa. In linea generale, la Cassazione ha già chiarito che la delibera assembleare che nomina l’amministratore è nulla se, ad esempio, non specifica l'importo del compenso. Analogamente, la rielezione di un amministratore revocato dal giudice è vietata e la relativa delibera può essere annullata su impugnazione.
Un tema di grande attualità riguarda la validità della nomina dell'amministratore che non ha frequentato i corsi di aggiornamento obbligatori. La legge prevede, infatti, all’art. 71-bis disp. att. c.c., che l’amministratore debba mantenere i requisiti di formazione iniziale e di aggiornamento periodico, condizioni fondamentali per la formazione dell’amministratore di condominio.
Una parte della giurisprudenza ha sostenuto che la mancanza di aggiornamento professionale comporti solo la revoca dell’amministratore, senza incidere sulla validità della nomina stessa (cfr. Tribunale di Campobasso, 2 gennaio 2024, n. 3; Tribunale di Milano, 27 marzo 2019, n. 3145).
In questo senso si è espressa anche una nota sentenza del Tribunale di Verona (13 novembre 2018, n. 2515), secondo cui la nullità della delibera di nomina non potrebbe essere applicata per analogia, in quanto il legislatore avrebbe espressamente previsto la nullità solo in casi specifici.
In tale prospettiva, la mancata frequenza dei corsi obbligatori integrerebbe una "grave irregolarità" ai sensi dell’art. 1129, comma 12, c.c., consentendo la revoca dell'amministratore, ma non la nullità automatica della sua nomina.
Tuttavia, una recente evoluzione giurisprudenziale sembra ormai affermare con forza la tesi della nullità della nomina dell’amministratore privo dei requisiti professionali.
Emblematica in tal senso è la sentenza del Tribunale di Castrovillari (14 marzo 2025, n. 470).
In quel caso, un condomino aveva impugnato la delibera di nomina lamentando, tra l'altro, la mancanza dei requisiti formativi da parte dell’amministratore. Il Tribunale ha accolto il ricorso, dichiarando nulla "in parte qua" la delibera, rilevando che i requisiti previsti dall’art. 71-bis disp. att. c.c. sono norme imperative poste a tutela dell’interesse collettivo. Di fronte alle contestazioni, il condominio non aveva fornito prova del possesso dei requisiti professionali da parte dell'amministratore.
A rafforzare questo orientamento sono intervenute anche pronunce della Corte di Cassazione.
I giudici supremi hanno infatti stabilito che l’art. 71-bis disp. att. c.c. configura una norma di ordine pubblico: delimita il novero dei soggetti idonei a svolgere l’attività di amministratore di condominio, imponendo specifici requisiti di professionalità e onorabilità. La violazione di questa norma rende nulla la nomina, anche in assenza di una specifica sanzione prevista dalla legge (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2024, n. 28195).
Le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. civ., Sez. Un., 14 aprile 2021, n. 9839) hanno inoltre ribadito che le deliberazioni condominiali contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume sono da considerarsi nulle, indipendentemente dal rispetto del termine di trenta giorni previsto per le impugnazioni dall’art. 1137 c.c..
Alla luce di questa evoluzione, si può affermare che oggi prevale l'interpretazione più severa: la delibera che nomina amministratore un soggetto privo dei requisiti previsti dall’art. 71-bis disp. att. c.c. deve essere considerata nulla.
Tale nullità può essere fatta valere in qualsiasi momento da chiunque vi abbia interesse, a tutela degli interessi generali della collettività condominiale.
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