Le piante che invadono la proprietà altrui sono una delle questioni più frequenti in ambito condominiale. In alcuni casi si tratta di semplici rami che si estendono oltre il confine, in altri di alberi o siepi che invadono in modo significativo balconi o giardini. Ma cosa si può fare di fronte a queste situazioni? E soprattutto, chi è tenuto a intervenire per riportare le cose alla normalità?
Nei condomini, uno dei problemi più ricorrenti è quello dei rami delle piante del vicino che si allungano fino a giardini, balconi o finestre di altri proprietari. In questi casi, il primo passo è il dialogo diretto, segnalando cortesemente il disagio.
Se non si ottiene alcun risultato, si può inviare una diffida scritta tramite raccomandata A/R, specificando:
il termine per la potatura, ad esempio 15 giorni;
il riferimento all’articolo 896 del Codice Civile, che consente di chiedere la rimozione dei rami sporgenti.
Importante: non è possibile potare autonomamente i rami dell’albero del vicino. Si rischia infatti una violazione civile o, nei casi più gravi, un reato ai sensi dell’articolo 635 del Codice Penale. La legge consente invece il taglio autonomo delle radici che si estendono nel proprio terreno.
Se la diffida non ha effetto, si può agire per vie legali: una causa civile può portare all’ordine di potatura e all’eventuale risarcimento (art. 2043 c.c.).
L’amministratore di condominio può intervenire solo se:
i rami invadono le parti comuni;
l’invasione viola il regolamento condominiale;
si compromette il decoro o la sicurezza dell’edificio.
Ai sensi dell’articolo 1130 del Codice Civile, può svolgere un ruolo di mediazione e sollecitare il proprietario a intervenire. Tuttavia, se la diatriba riguarda solo proprietà private, l’amministratore non ha poteri coercitivi.
Anche le siepi e gli alberi che si sviluppano oltre il confine tra giardini privati sono spesso causa di conflitti. L’articolo 892 del Codice Civile stabilisce le distanze minime dal confine:
3 metri per gli alberi ad alto fusto;
1,5 metri per gli alberi non ad alto fusto;
0,5 metri per siepi, arbusti e viti;
1 metro per siepi recise ciclicamente;
2 metri per siepi di robinie.
Queste distanze valgono tra proprietà private. Se la pianta invade un’area pubblica o condominiale, si applicano solo le norme del regolamento locale.
Se una siepe invade il confine, si può chiedere al vicino di potarla, sempre citando l’articolo 896 del Codice Civile. Anche in questo caso:
si può inviare una lettera di diffida;
se la richiesta è ignorata, si può ricorrere al giudice, anche per ottenere un risarcimento.
In presenza di piante lasciate senza manutenzione, che causano danni o disagi, si segue la stessa procedura:
invio della diffida scritta;
azione legale se la potatura non avviene nei tempi richiesti.
Se il disagio è condiviso da più condomini, oppure se interessa le parti comuni, l’amministratore può convocare l’assemblea o sollecitare l’intervento del proprietario. Nei casi più gravi, se le piante rappresentano un pericolo per la sicurezza o l’igiene pubblica, si può chiedere l’intervento delle autorità competenti.
Un altro disagio frequente riguarda la caduta di foglie, frutti o cortecce nel proprio balcone o giardino, che può rendere impossibile l’uso di questi spazi. L’articolo 844 del Codice Civile tutela dalle immissioni moleste che superano la normale tollerabilità.
Se il problema diventa serio – per esempio, foglie che intasano le grondaie o attraggono animali indesiderati – è consigliabile:
documentare il problema con foto e testimonianze;
inviare una diffida scritta;
richiedere l’intervento dell’amministratore se coinvolge aree comuni;
ricorrere al giudice per ottenere un provvedimento adeguato.
Le controversie sulle piante in condominio devono essere affrontate con buon senso e conoscenza delle normative. In caso di difficoltà, è sempre opportuno consultare un avvocato o l’amministratore di condominio, per identificare la soluzione più efficace e conforme alla legge.
Fonte: idealista.it
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