Quando si parla di uso delle parti comuni di un edificio, il riferimento normativo principale è l’art. 1102 del Codice Civile. Questa norma consente a ciascun condomino di utilizzare i beni comuni, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne lo stesso uso.
Proprio su questo principio si è basata una recente sentenza del Tribunale di Udine, emessa l’8 aprile 2025, in una controversia riguardante l’installazione di tubazioni del gas su una parete condominiale.
Una condomina aveva fatto installare delle tubazioni del gas per servire il proprio appartamento, utilizzando una parete comune dell’edificio. L’intervento, però, non era stato ben accolto dal resto dei condòmini, che lo ritenevano in contrasto con il regolamento condominiale contrattuale e con l’uso corretto delle parti comuni.
L’assemblea condominiale, nel dicembre 2022, aveva quindi deliberato di intimare alla proprietaria il ripristino dello stato originario della parete entro 30 giorni, minacciando azioni legali in caso di inadempienza. A fronte di questa decisione, la condomina ha impugnato la delibera, sostenendo la legittimità del suo intervento.
Il Tribunale di Udine ha confermato che l’installazione delle tubazioni è pienamente legittima ai sensi dell’art. 1102 c.c., in quanto non altera la destinazione del bene comune né impedisce agli altri condòmini di usarlo allo stesso modo.
La sentenza ha chiarito che l’apposizione delle tubazioni non comporta una modifica sostanziale dello stato dei luoghi, né un pericolo per la sicurezza o la stabilità dell’edificio. A supporto di questa interpretazione, il giudice ha richiamato una precedente sentenza della Corte d’Appello di Campobasso (n. 279/2012), in cui si è affermato che una simile installazione costituisce un uso lecito della cosa comune, non richiedendo autorizzazione dell’assemblea condominiale né il consenso degli altri comproprietari.
Un altro punto cruciale della controversia era il regolamento condominiale. Il condominio sosteneva che l’intervento violasse una clausola che vietava agli occupanti di compiere atti lesivi della sicurezza, estetica, tranquillità, igiene e decoro dell’edificio.
Il Tribunale, tuttavia, ha osservato che tale disposizione era troppo generica per poter vietare in modo specifico l’installazione contestata. La giurisprudenza ritiene, infatti, che per essere vincolanti, le clausole dei regolamenti condominiali contrattuali devono essere chiare e dettagliate, in modo da rendere evidente a ogni proprietario quali limiti stia effettivamente accettando.
Poiché la clausola richiamata non faceva esplicito riferimento all’uso della parete condominiale o al divieto di installare impianti, non poteva essere considerata sufficiente per giustificare la delibera impugnata.
La sentenza del Tribunale di Udine conferma un principio importante: l’uso delle parti comuni da parte dei singoli condòmini è legittimo, anche in assenza di autorizzazione assembleare, purché rispetti i limiti stabiliti dall’art. 1102 c.c. e non comporti pregiudizi concreti agli altri.
Inoltre, i regolamenti condominiali contrattuali possono sì limitare i diritti dei singoli, ma solo con clausole precise e inequivocabili. Le generiche affermazioni sul "decoro" o la "tranquillità" non bastano.
In questo caso, quindi, la delibera dell’assemblea è stata annullata e l’intervento della proprietaria ritenuto pienamente legittimo.
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