L’installazione di telecamere da parte del singolo condomino è consentita, ma solo se rispetta rigorosi limiti di campo visivo e di finalità. In particolare, è ammessa quando le riprese si limitano alle aree comuni e non invadono la sfera privata di altri condomini, risultando giustificata da reali esigenze di sicurezza.
Il Tribunale di Palermo, con la sentenza dell’11 ottobre 2025 (RG n. 5505/2024), ha ribadito che il diritto alla sicurezza personale deve essere bilanciato con quello alla riservatezza altrui.
Nel caso esaminato, un condomino aveva chiesto la rimozione delle telecamere installate dalla sorella e dalle nipoti, sostenendo che riprendessero spazi comuni senza il suo consenso. Il giudice ha invece ritenuto legittimo l’impianto, poiché le telecamere inquadravano solo la pubblica via e il cortile condominiale, aree liberamente visibili a chiunque.
Richiamando la giurisprudenza costante della Cassazione penale (Sez. V, n. 44156/2008; n. 34151/2017; n. 5253/2019), il Tribunale ha confermato che la videosorveglianza di spazi comuni non costituisce violazione della privacy, purché non riprenda ambienti privati o esclusivi.
Non si applica, in tal caso, il Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003), se le immagini non sono diffuse o comunicate sistematicamente a terzi.
Il giudice ha inoltre evidenziato che l’installazione è lecita quando:
le aree riprese sono già visibili da terzi;
le immagini non vengono diffuse o comunicate;
il sistema è proporzionato alle reali esigenze di sicurezza;
non sono coinvolte parti di proprietà esclusiva.
In conclusione, un singolo condomino può installare telecamere sulle parti comuni senza autorizzazione assembleare, a condizione che la ripresa sia limitata a spazi comuni o vie pubbliche, non invada la sfera privata altrui e persegua finalità personali di sicurezza.
Diversamente, quando si tratta di un impianto condominiale vero e proprio, è necessario rispettare le maggioranze previste dall’art. 1122-ter c.c.
Fonte: condominioweb.com
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