Quando si parla di lavori di straordinaria manutenzione, la distinzione tra i poteri dell’assemblea e quelli dell’amministratore diventa decisiva. La scelta dell’impresa e l’approvazione dell’intervento spettano esclusivamente all’assemblea dei condomini, mentre l’amministratore ha funzioni perlopiù esecutive e non può autonomamente affidare lavori a soggetti diversi da quelli deliberati.
Una recente sentenza del Tribunale di Taranto (n. 2543 del 28 novembre 2025) ha ribadito con forza questo principio, esaminando le conseguenze di un contratto d’appalto stipulato dall’amministratore senza alcuna autorizzazione assembleare.
Il condominio aveva deliberato l’esecuzione di lavori straordinari affidandoli a una specifica ditta individuale, con contratto regolarmente sottoscritto. Nonostante ciò, l’ex amministratore autorizzava l’intervento di una diversa società edile, che, al termine dei lavori, otteneva un decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo.
Il condominio si opponeva, sostenendo che l’impresa non era mai stata incaricata dall’assemblea. Nel processo emergevano inoltre due aspetti ulteriori:
la richiesta del condominio di condannare l’ex amministratore e il direttore dei lavori per i danni derivanti dall’intervento abusivo;
l’azione proposta dalla società appaltatrice per ottenere almeno un indennizzo da ingiustificato arricchimento.
Il Tribunale ha chiarito che l’amministratore non aveva alcun potere di affidare i lavori a un’impresa diversa da quella deliberata. Tale comportamento integra la figura del falsus procurator, poiché eccede i poteri rappresentativi conferiti dalla legge e dalla delibera assembleare.
Di conseguenza, il contratto stipulato con l’impresa non autorizzata è inefficace nei confronti del condominio, come previsto dall'art. 1398 c.c. e dalla giurisprudenza della Cassazione.
Non è stata provata nemmeno una ratifica—né espressa né tacita—da parte dell’assemblea. Elementi come la semplice presenza dell’impresa in cantiere, una cartellonistica confusa o il versamento di acconti non sono stati ritenuti sufficienti a manifestare una volontà univoca della maggioranza richiesta dall’art. 1136, comma 4, c.c.
Esclusa l’efficacia del contratto, l’impresa non poteva pretendere il pagamento del prezzo pattuito. Tuttavia, poiché i lavori erano stati realmente eseguiti e il condominio ne aveva tratto beneficio, il giudice ha riconosciuto l’esperibilità dell’azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.
Si tratta di una tutela residuale: interviene solo quando non esistono rimedi tipici. In questo caso, l’indennizzo è stato determinato in via equitativa, tenendo conto dell’effettivo incremento patrimoniale del condominio.
La sentenza ha inoltre disposto:
la restituzione, da parte dell’ex amministratore, delle somme indebitamente prelevate dal conto condominiale;
il riconoscimento del compenso residuo al direttore dei lavori, ma non secondo il contratto inefficace, bensì in misura proporzionata all’indennizzo riconosciuto all’impresa.
La pronuncia conferma che:
l’amministratore non può sostituire l’assemblea nelle decisioni sui lavori straordinari;
i contratti stipulati senza poteri sono inefficaci nei confronti del condominio;
l’impresa non autorizzata può ottenere solo l’indennizzo per l’arricchimento, non il prezzo dell’appalto.
Una guida importante per amministratori, imprese e professionisti che operano nel complesso settore dei lavori condominiali.
Fonte: condominioweb.com
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