Il diritto dell’amministratore di condominio a percepire compensi per le annualità successive al biennio non può prescindere da una specifica e formale delibera assembleare. È quanto ribadito dalla Corte d’Appello di Bari nella sentenza n. 1173 del 22 luglio 2025.
Secondo l’art. 1129 c.c., l’incarico dell’amministratore ha durata annuale e si rinnova automaticamente solo per un secondo anno. Superato questo periodo, non è ammessa alcuna proroga tacita: la conferma dell’incarico – così come la determinazione del compenso – deve essere approvata esplicitamente dall’assemblea.
Il mancato rispetto di tale procedura comporta l’inesistenza del diritto al compenso, anche se l’amministratore ha continuato a svolgere le proprie funzioni.
Un ex amministratore ha citato in giudizio il condominio per ottenere i compensi relativi agli anni 2011-2017, sostenendo che l’assemblea aveva approvato i suoi onorari nella seduta del 24 febbraio 2012. Tuttavia, i giudici hanno riconosciuto solo quanto effettivamente deliberato per l’anno 2012, ovvero €1.960,92 su un totale richiesto di oltre 8.900 euro.
La Corte ha accertato che dal 2013 al 2017 non vi fu alcuna delibera assembleare di rinnovo o conferma dell’incarico. Inoltre, nessuna assemblea risultava convocata dal dicembre 2012 fino alla revoca dell’amministratore.
Il Collegio ha chiarito che: “L’incarico dell’amministratore richiede una nomina formale, che deve essere adottata mediante deliberazione espressa dell’assemblea, e non può mai essere frutto di tacito rinnovo.”
Sono stati richiamati i seguenti riferimenti normativi:
Art. 1136 c.c.: nomina e revoca dell’amministratore solo tramite delibera;
Art. 1135 c.c., n.1: l’approvazione del compenso deve essere oggetto di deliberazione;
Art. 1129 c.c.: obbligo di comunicazione dei dati e del compenso all’atto della nomina;
Art. 1136, ultimo comma: necessità della verbalizzazione delle decisioni assembleari.
In assenza di questi atti formali, la richiesta dell’amministratore risultava giuridicamente nulla.
Un ulteriore punto affrontato riguarda il rapporto tra l’approvazione del bilancio e i compensi dell’amministratore: anche se il rendiconto riporta l'importo degli onorari, ciò non equivale a un rinnovo dell’incarico. Perché ci sia validità, serve una delibera che confermi espressamente la carica e il relativo compenso.
In mancanza di ciò, anche il bilancio approvato può essere impugnato entro 30 giorni da parte dei condomini assenti o dissenzienti (ai sensi dell’art. 1137 c.c.).
La giurisprudenza attuale conferma una lettura rigorosa e formale del rapporto tra amministratore e condominio:
L’incarico va deliberato espressamente anno per anno.
Non è ammesso alcun rinnovo implicito, nemmeno se l’amministratore ha continuato a operare senza contestazioni.
I compensi sono dovuti solo se deliberati formalmente.
Questo orientamento, consolidatosi dopo la riforma del condominio (L. 220/2012), supera interpretazioni precedenti più flessibili. Oggi, ogni richiesta economica dell’amministratore deve poggiare su basi giuridiche precise, altrimenti è destinata a essere rigettata.
Fonte: condominioweb.com
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