Può accadere che l’assemblea condominiale, anche dopo aver deliberato favorevolmente su un intervento, decida successivamente di cambiare orientamento e non proseguire con i lavori, specie se particolarmente onerosi, come quelli di efficientamento energetico legati al Superbonus 110%. Questo mutamento di indirizzo può sollevare dubbi e contestazioni, soprattutto da parte dei condòmini di minoranza che avevano sostenuto l’intervento.
La domanda che sorge è: fino a che punto l’Autorità giudiziaria può sindacare tale scelta? E quando può configurarsi un abuso di potere da parte della maggioranza?
Una recente sentenza del Tribunale di Lecco (n. 238 del 10 maggio 2025) ha offerto chiarimenti rilevanti sul tema.
Nel caso esaminato, alcuni condòmini avevano impugnato una delibera assembleare con cui si era deciso di procedere alla sola sostituzione della caldaia, escludendo invece un più ampio intervento di efficientamento energetico comprensivo del rifacimento e coibentazione del tetto. A loro avviso, ciò impediva di accedere al Superbonus 110% e trascurava problematiche legate a infiltrazioni d'acqua già presenti.
Nel corso del giudizio, tuttavia, l’assemblea ha approvato una nuova delibera che accoglieva integralmente la richiesta degli attori: i lavori sono stati avviati e realizzati, facendo venir meno la controversia. Il Tribunale ha quindi dichiarato cessata la materia del contendere, ma si è comunque pronunciato sui motivi d’impugnazione, per poter decidere sulle spese processuali applicando il principio della soccombenza virtuale.
Il Tribunale ha rigettato quasi integralmente le censure sollevate, eccezion fatta per alcune irregolarità formali nella verbalizzazione dell’assemblea: in particolare, l’omissione della disponibilità espressa da alcuni condòmini a finanziare lo studio di fattibilità e la mancata indicazione della richiesta di confronto tra più preventivi.
Sul punto centrale — ossia l’asserito abuso di potere da parte dell’assemblea per aver rigettato la proposta iniziale — il giudice ha escluso qualsivoglia illegittimità. Il ripensamento era stato determinato da valutazioni legittime, tra cui dubbi sull’accesso al Superbonus e timori circa l’impatto economico dell’intervento. Non si trattava, quindi, di una delibera viziata da intenti punitivi o discriminatori verso la minoranza.
Il Tribunale ha ricordato che il sindacato del giudice sulle delibere assembleari è limitato alla verifica della loro legittimità, in base alle norme di legge e al regolamento condominiale. L’art. 1137 c.c. non consente infatti un controllo sull’opportunità o convenienza della scelta deliberata: l’assemblea resta l’organo sovrano della volontà condominiale.
Il concetto di eccesso di potere si applica solo in presenza di delibere formalmente legittime ma sostanzialmente deviate rispetto alla loro finalità: ad esempio, quando siano adottate per fini estranei all’interesse comune o in violazione dei diritti fondamentali dei condòmini.
In questo caso, invece, la decisione assembleare era il risultato di valutazioni legittime e ponderate. Il cambiamento di rotta, dunque, non ha integrato né abuso di posizione dominante né eccesso di potere.
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